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Giorgio Albertazzi / Lezioni Americane da Italo Calvino

Posted by: Antonio Tucci    Tags:      Posted date:  Febbraio 22, 2014  |  No comment

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Giovedì 16 gennaio ore 21.15 – Teatro Tosti Ortona 

Biglietti
I settore: euro 18.00 / ridotto euro 14.00
II settore: euro 13.00 / ridotto euro 10.00
III settore: euro 9.00 / ridotto euro 7.00

Prevendita Biglietti: Botteghino del Teatro Tosti
martedi 14 ore 18.00 – 20.00
mercoledi 15 ore 18.00 – 20.00

Le riduzioni per abbonamenti e biglietti (posti limitati)
sono a favore degli spettatori di età fino a 26 anni e oltre 65

info 328.3882878

La prima delle “LEZIONI AMERICANE – sei proposte per il prossimo millennio” di Italo Calvino, quella dedicata alla “Leggerezza”, dal 2009 consente al novantenne indomito Giorgio Albertazzi di spingere il discorso su due binari stilisticamente molto diversi: uno tracciato dalla penna dell’autore letterario, l’altro, dietro la regia di Orlando Forioso, dalla propria parabola teatrale,mettendo in risalto l’eccelsa qualità d’interprete. Se Calvino estrae le metafore dalla materia cruda e arcigna  del reale come sbalzandole, cioè grazie a un movimento “a levare” , Albertazzi, con la sua recitazione, agisce pittoricamente, ovvero attraverso un movimento “a mettere”, sovrapponendo, cioè, strati di pura classe teatrale e poi riverberandovi la propria immagine ad libitum. Nell’interpretare il testo postumo di Calvino, Albertazzi, più o meno velatamente, compie l’inventario dei  gusti, dei tic, delle idiosincrasie, degli amori divoranti della propria vita artistica, approvandola attraverso gli occhi del pubblico. L’attore segue abilmente la trama dei riferimenti letterari e filosofici presenti nella lezione sulla Leggerezza, spesso dando voce senza interferenze alla prosa adamantina e scabra di Calvino; nel medesimo tempo imprime tramite le voci dei poeti menzionati, Ovidio, Lucrezio,Cavalcanti, Dante, Boccaccio, Shakespeare,Cervantes, alcune svolte al testo. Albertazzi si serve della lezione calviniana come di un pre-testo, interpolato da tranches di sue famose interpretazioni (una fra tutte, il lungo monologo di Amleto, la cui erosione attraverso pacate ellissi dell’eloquio ne rinforza l’impressione di sgangherato delirio). Seguendo questo percorso, Albertazzi si consente di trascurare alquanto Leopardi, assai presente nel testo originario, per fare largo a una musicalissima versione della panica e lucreziana “Pioggia sul pineto” di Gabriele d’Annunzio, del tutto assente nello scritto di Calvino. La lirica levita sulle assi del palco, mentre l’attore toscano ne batte le cadenze avvolgenti e ridondanti, riscattandola da ogni truce memoria scolastica. Insomma, Albertazzi mette e toglie a suo piacimento, consapevole degli straordinari mezzi espressivi che, malgrado la sopraggiunta fragilità corporea, ancora padroneggia. A volte strafa’ e si trastulla con l’ immagine di “Grande Narcisista” che gli è notoriamente attribuita (per nulla a torto) e, ironicamente, la rivendica, se ne fa vanto. Lo spettacolo è una cornucopia di virtuosismi. La sua leggerezza la s’incontra  proprio nella densità, analogamente alla forza della spinta antigravitazionale con cui Cavalcanti si sottrae alla morsa dei giovani attaccabrighe fiorentini, secondo quanto ci tramanda Boccaccio nel Decamerone. La levità metafisica del malinconico Guido, infatti, poggia esattamente sul suo opposto, sulla gravità della morte, ben espressa dalle tombe del Portico di San Giovanni; ed è su una di esse che fa perno per un agile piroetta il poeta fiorentino: ecco, allora, che con un balzo istantaneo raggiunge il livello di libertà spirituale che agli altri è precluso. (da AnimaMediatica di Vincenzo Basile e Francesco Frigione).

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Antonio Tucci




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