Il lavoro che resta (2009)

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con

di Antonio G. Tucci
con Marina Di Virgilio
canti e musiche eseguiti dal vivo da Graziano Zuccarino
costumi e scena di Antonella Spelozzo
regia di Antonio G. Tucci

Partire dall’innocenza. Ritrovare il cuore nudo della parola. C’è il bisogno di storie “vere”, storie private che ambiscono a diventare storie “esemplari”. Ecco quindi una drammaturgia che nasce da un incontro, quello di un gruppo di attori con gli anziani contadini, gli operai, i disoccupati, i giovani interinali, le donne lavoratrici di San Salvo, Cupello e Lentella, nel sud dell’Abruzzo. Conoscere com’era un tempo il lavoro e com’è oggi. Ascoltare le loro storie o storie di altri. Così da confrontare passato e presente per capire, per ricordare, per riflettere. Il suono del passato riecheggia vivo nel dialetto remoto di Nicoletta Zappetti, volto scarno e antico di contadina che racconta un Abruzzo arcaico vissuto da figlia schiava di un padre padrone e poi moglie serva di un marito altrettanto padrone. Un’esistenza nella quale il lavoro è una condanna e le prepotenze quotidianamente accettate perché così “deve essere”. Tuttavia, al di là delle apparenze, a Nicoletta non viene meno la consapevolezza di una dignità personale in un mondo soffocato dalla crosta della miseria. La coscienza del lavoro come diritto riempie il racconto di Luigi Ruggeri, uno dei capi dell’occupazione dei braccianti di San Salvo del bosco di Motticce per il suo disboscamento e l’assegnazione delle terre, così come fa parte della tragedia di Lentella nella quale i contadini Cosmo Mangiocco e Nicola Mattia morirono per avere pane e lavoro. Il lavoro gridato e voluto dai cittadini di Cupello perché il metano, appena scoperto nel loro territorio, invece di essere portato altrove alimentasse nuove possibilità di occupazione che ponessero fine a povertà ed emigrazione. Finalmente, negli anni sessanta, ecco l’industrializzazione, ecco la grande fabbrica e i braccianti che diventano operai. E poi il decennio successivo fatto di luci ed ombre, di bianco e di nero ma con una socialità viva, meno contratta e ripiegata su se stessa, capace di lottare per i propri diritti. Infine il gran circo del mondo sognato, possibile, viene colpito a morte nel tempo presente… Un altrove perenne, una diversità, una scissione… Il racconto dei giovani precari, dei cassa integrati appartiene ad una attualità grama, dura, di vita amara e incerta. Tra gli spezzoni e i frammenti di vita quotidiana, che sono le piccole storie di vita vissuta di una comunità che non ha avuto una grande storia, affiora la coscienza inquieta di oggi a restituire, comunque, lo sgomento di un percorso di speranza e di fiducia che sollecita a indignarsi, reagire, testimoniare.

Lo spettacolo è andato in scena a: Ortona (Ch), San Salvo (Ch), Lentella (Ch), Cupello (Ch), Tollo (Ch), Montenerodomo (Ch), Chieti, Pescara, Giulianova (Te), San Demetrio ne’ Vestini (Aq), Mondavio (PU), Piobbico (PU), Fiumicello (Ud)

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